Patto di non concorrenza nel lavoro subordinato: due distinte cause di nullità individuate dalla Cassazione

18 Maggio 2025

La Corte di Cassazione, con due recenti Sentenze (n. 9256 e n. 9258 dell'8 aprile 2025), ha fornito importanti chiarimenti in materia di patto di non concorrenza, sottolineando la sua autonomia rispetto al rapporto di lavoro, anche quando stipulato contestualmente. I giudici hanno stabilito che l'indeterminatezza del corrispettivo e la sua eventuale incongruità costituiscono due cause di nullità distinte e separate.

Le decisioni traggono origine dalle richieste di risarcimento danni e, in un caso, di una penale, avanzate da un istituto bancario nei confronti di due ex private banker. Questi ultimi, dopo le dimissioni, avevano intrapreso nuove collaborazioni con un istituto concorrente, violando, secondo la banca, il patto di non concorrenza sottoscritto.

Nei primi due gradi di giudizio, le richieste della banca erano state respinte. I giudici avevano dichiarato la nullità dei patti a causa del corrispettivo pattuito, ritenuto non adeguato agli obblighi post-contrattuali imposti ai lavoratori. Nello specifico, i patti prevedevano per i private banker un divieto di svolgere la medesima mansione per intermediari finanziari concorrenti nella regione Lombardia, per un periodo di venti mesi dalla cessazione del rapporto. A fronte di ciò, era stato stabilito un compenso annuo (12.000 euro in un caso, 10.000 nell'altro) da corrispondere durante il rapporto di lavoro e per la durata di validità del patto, fissata in tre anni.

La Corte d'Appello di Milano aveva confermato la nullità dei patti, evidenziando sia l'indeterminatezza che l'incongruità dei corrispettivi. Secondo i giudici di secondo grado, mentre l'ammontare del compenso poteva variare in base all'effettiva durata del rapporto di lavoro, gli obblighi di non concorrenza rimanevano fissi per l'intero periodo di venti mesi successivo alla sua cessazione.

La Corte di Cassazione ha criticato tale impostazione. In primo luogo, ha ribadito la netta distinzione tra patto di non concorrenza e rapporto di lavoro, due negozi giuridici autonomi, con la conseguenza che il corrispettivo del patto deve essere separato dalla retribuzione ordinaria.

Successivamente, la Suprema Corte ha precisato i requisiti del corrispettivo: deve essere determinato o determinabile (ai sensi dell'art. 1346 c.c.) e congruo rispetto al sacrificio richiesto al lavoratore (ai sensi dell'art. 2125 c.c.). Si delineano così due distinte categorie di nullità del patto. La prima, di natura strutturale, si verifica quando il compenso non è chiaramente specificato né desumibile dalle clausole contrattuali (indeterminatezza o indeterminabilità dell'oggetto). La seconda, di natura funzionale, ricorre quando il corrispettivo manca del tutto, è meramente simbolico, o risulta manifestamente iniquo o sproporzionato rispetto all'impegno richiesto al lavoratore.

Alla luce di queste distinzioni, la Cassazione ha annullato le decisioni della Corte d'Appello di Milano, ravvisando un vizio motivazionale nell'aver confuso la non determinatezza o determinabilità del corrispettivo con la sua congruità. Inoltre, in una delle due sentenze, è stato accolto il ricorso della banca che criticava l'affermazione dei giudici di merito secondo cui, per garantire la congruità del compenso, il patto avrebbe dovuto includere una clausola di "minimo garantito", assicurando al dipendente l'intero corrispettivo anche in caso di cessazione anticipata del rapporto rispetto alla scadenza del patto. Secondo la banca, tale interpretazione violava il principio di autonomia del patto di non concorrenza rispetto alle vicende del rapporto lavorativo. La banca ha inoltre osservato che non esiste alcun obbligo di prevedere espressamente il diritto del lavoratore all'intero corrispettivo in caso di estinzione anticipata del rapporto, poiché l'obbligo di pagamento del compenso da parte del datore di lavoro sussiste fino alla scadenza pattuita anche in assenza di una clausola specifica.

La Suprema Corte ha specificato che la congruità del corrispettivo deve essere valutata "ex ante", ovvero sulla base del tenore delle clausole e non in relazione a quanto potrebbe accadere in concreto.

Queste sentenze offrono indicazioni più precise per la stesura dei patti di non concorrenza, introducendo elementi innovativi. Tuttavia, è fondamentale approcciare tali decisioni con cautela: mentre la determinatezza del corrispettivo appare un principio consolidato, la sua congruità rimane un aspetto più complesso e delicato. Si suggerisce quindi di adottare tutte le cautele necessarie per assicurare un equo bilanciamento tra gli interessi datoriali e i diritti dei lavoratori.

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