Licenziamento per violazione del divieto di fumo in area aeroportuale: la Cassazione chiarisce i limiti della "tolleranza" datoriale

8 Aprile 2025

Con l’Ordinanza n. 7826 del 24 marzo 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, si è pronunciata in merito alla legittimità del licenziamento per giusta causa intimato dalla società Malpensa Logistica Europa S.p.A. nei confronti di un proprio dipendente, A.A., accusato di aver fumato in un’area ad accesso limitato dell’aeroporto (c.d. “air-side”), in violazione del divieto aziendale.

La vicenda

Il lavoratore era stato licenziato nel 2021 per aver violato il divieto di fumo in una zona aeroportuale sensibile. La Corte d’Appello di Milano, confermando la decisione di primo grado, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento, ordinando la reintegra del dipendente e il risarcimento del danno, entro il limite di dodici mensilità, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 23/2015.

La Corte territoriale aveva fondato la propria decisione su diversi elementi: la consuetudine diffusa tra i lavoratori – incluso il ricorrente – di fumare in quella specifica area, la mancanza di segnaletica chiara di divieto e, soprattutto, l’assenza di provvedimenti sanzionatori da parte del datore di lavoro nonostante fosse a conoscenza della prassi. Tale comportamento datoriale era stato ritenuto indice di una "tolleranza" nei confronti della condotta, tanto da escluderne la rilevanza disciplinare.

Il giudizio della Cassazione

La società ha proposto ricorso per cassazione articolato in otto motivi. La Corte ha accolto l’ottavo motivo, giudicato logicamente prioritario, e ha ritenuto assorbito il quarto motivo, rigettando gli altri.

Il punto focale è rappresentato dalla corretta qualificazione giuridica della “tolleranza” datoriale. La Cassazione ha chiarito che la semplice mancata reazione da parte del datore di lavoro verso condotte illecite non è sufficiente a privare tali comportamenti della loro illiceità. In particolare, si è ribadito che:

  • la sussistenza del divieto di fumo in zona air-side e la consapevolezza del lavoratore sono dati pacifici;
  • l’antigiuridicità della condotta non può essere esclusa in assenza di elementi oggettivi idonei a ingenerare nel lavoratore l’incolpevole convinzione di liceità;
  • il comportamento colposo del dipendente può rilevare anche in assenza di dolo, salvo che l’errore sulla liceità della condotta non risulti inevitabile e frutto di circostanze estranee alla sua sfera soggettiva.

La Corte ha quindi censurato la decisione d’appello per non aver verificato se il lavoratore avesse agito in buona fede o se, al contrario, avesse semplicemente approfittato dell’inerzia aziendale. Tali aspetti, secondo la Cassazione, risultano determinanti ai fini della corretta applicazione della tutela reintegratoria o indennitaria prevista dalla normativa sui licenziamenti.

Conclusioni

L’Ordinanza fornisce un importante chiarimento sulla portata della “tolleranza” del datore di lavoro in ambito disciplinare: non può essere invocata come causa di esclusione automatica della colpevolezza, salvo prova concreta dell’inevitabilità dell’errore del lavoratore. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, per una nuova valutazione della vicenda, anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.

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